Cosa si intende per “condominio”?
Il termine “condominio” identifica una particolare forma di comunione forzosa tra più proprietari all’interno di uno stesso edificio o complesso edilizio. In pratica, si parla di condominio quando due o più persone sono proprietari esclusivi di singole unità immobiliari (appartamenti, box, cantine, ecc.) ma condividono parti comuni dell’edificio, come ad esempio il tetto, la facciata, le scale, l’ingresso e gli impianti.
A differenza di altre forme di proprietà condivisa, il condominio nasce automaticamente per legge nel momento in cui un edificio si fraziona tra più soggetti. Non è necessario un atto notarile né una registrazione formale per la sua costituzione.
Origine del termine “condominio”
La parola deriva dal latino condominium, composta da con- (“insieme”) e dominium (“proprietà”): letteralmente “proprietà in comune”. Questa etimologia sottolinea l’essenza stessa del condominio: la convivenza e la gestione condivisa di beni comuni da parte di più proprietari individuali.
Quando si forma un condominio?
Il condominio si forma automaticamente quando:
- Esistono almeno due proprietari distinti di unità immobiliari all’interno dello stesso fabbricato;
- Vi sono parti comuni indivisibili e necessarie all’uso e al godimento delle proprietà individuali (es. androne, scale, impianti idrici e fognari, tetto).
Cos’è il condominio minimo e quali sono le sue caratteristiche
Il condominio minimo è una forma semplificata che si applica quando i condomini sono da 2 a 8. Anche se non è obbligatoria la nomina di un amministratore (come vedremo nelle prossime puntate), rimangono in vigore le principali norme condominiali: gestione delle spese comuni, regole di convivenza, obbligo di partecipare alle decisioni comuni.
Questa configurazione può avere agevolazioni fiscali o procedure semplificate, ma è soggetta comunque agli articoli dal 1117 al 1139 del Codice Civile.
Quando non è obbligatorio costituire un condominio?
In alcuni casi specifici non si configura un condominio, anche in presenza di più unità abitative. Questo accade quando:
- Tutte le unità appartengono allo stesso soggetto (es. un intero palazzo posseduto da un solo proprietario);
- Le unità sono completamente indipendenti e non esistono parti comuni obbligatorie (ad esempio, due case bifamiliari con ingressi, impianti e servizi completamente separati);
- Le parti comuni non sono essenziali all’uso delle singole proprietà, come un cortile condiviso che può essere facilmente suddiviso tra i due proprietari.
In questi casi, manca il presupposto della comunione forzosa e quindi non si applicano le regole sul condominio previste dal Codice Civile.
Nota utile: anche in assenza di obbligo formale, la presenza di parti comuni potrebbe comunque suggerire la stipula di un accordo tra i proprietari, per regolamentare usi e spese.
Chi gestisce il condominio?
Ogni condominio, anche il più piccolo, ha bisogno di qualcuno che si occupi della gestione ordinaria e straordinaria delle parti comuni. Questa figura è l’amministratore di condominio, il responsabile della buona conduzione dell’edificio e della tutela degli interessi comuni dei proprietari.
L’amministratore può essere un professionista esterno o anche un condomino, purché abbia i requisiti di legge (che approfondiremo più avanti nella guida).
L’amministratore è sempre obbligatorio?
No, l’amministratore non è sempre obbligatorio. La nomina diventa un obbligo di legge solo se il numero dei condomini è pari o superiore a nove. Lo stabilisce l’art. 1129 del Codice Civile, che prevede:
“Quando i condomini sono più di otto, se l’assemblea non provvede alla nomina di un amministratore, ci può provvedere l’autorità giudiziaria su richiesta anche di un solo condomino.”
Quindi:
- Da 2 a 8 condomini: l’amministratore è facoltativo.
- Da 9 condomini in su: l’amministratore è obbligatorio.
Attenzione: il numero di condomini si riferisce ai proprietari e non al numero di unità immobiliari. Se un unico soggetto possiede più appartamenti, conta come un solo condomino.
Anche nei condomini minimi (fino a 8 proprietari), è possibile nominare un amministratore se l’assemblea lo ritiene utile. Questa scelta è consigliata quando:
- Ci sono conflitti frequenti tra condomini;
- Le spese da gestire sono complesse;
- Occorre interfacciarsi con fornitori o pubbliche amministrazioni;
- Si vogliono evitare incombenze legali o fiscali tra i singoli.
In questi casi, un amministratore (anche interno) può semplificare la vita condominiale.
Chi nomina l’amministratore di condominio
La nomina dell’amministratore avviene tramite assemblea condominiale, con le seguenti modalità:
- In prima convocazione: serve la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà dei millesimi dell’edificio;
- In seconda convocazione: basta la maggioranza dei presenti e un terzo dei millesimi.
L’amministratore può essere revocato in qualsiasi momento con le stesse maggioranze.
Cosa succede se non si nomina l’amministratore quando è obbligatorio?
Se il condominio ha più di 8 proprietari e l’assemblea non riesce a nominare un amministratore, anche un solo condomino può rivolgersi al Tribunale per chiedere la nomina giudiziale. In tal caso, il giudice nominerà un amministratore esterno con compenso stabilito.
Questa situazione può comportare costi superiori, oltre a possibili tensioni tra condomini. È quindi consigliabile arrivare a una nomina consensuale.
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