Chi decide di vendere una seconda casa spesso si trova a dover fare i conti con un aspetto poco conosciuto ma potenzialmente costoso: la tassazione della plusvalenza immobiliare. Capire quando si paga, come si calcola e in quali casi è possibile evitare questa imposta può fare la differenza tra una vendita serena e una sgradita sorpresa fiscale.
Quando scatta la tassazione
In base all’art. 67 del TUIR, la plusvalenza derivante dalla vendita di un immobile (che non sia stata prima casa) è imponibile solo se la cessione avviene entro cinque anni dall’acquisto o dalla costruzione.
In pratica, se compri una seconda casa e la rivendi dopo meno di cinque anni, il guadagno realizzato – cioè la differenza tra prezzo di vendita e prezzo d’acquisto (più spese incrementative e oneri notarili) – è tassato come “reddito diverso” e confluisce nella dichiarazione dei redditi.
Se invece vendi dopo cinque anni, la plusvalenza non è tassabile, indipendentemente dall’importo guadagnato.
🏡 E se l’immobile è stato adibito a prima abitazione?
La normativa è più favorevole quando l’immobile ceduto è stato adibito ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte del tempo tra l’acquisto e la vendita.
In questo caso, anche se la cessione avviene entro cinque anni, la plusvalenza non viene tassata.
Per dimostrarlo è necessario che l’immobile risulti effettivamente come residenza anagrafica per un periodo prevalente, e che non sia stato affittato in modo continuativo. La residenza non deve necessariamente essere mantenuta fino alla data dell’atto, ma deve risultare come abitazione principale nella maggior parte del tempo tra acquisto e vendita.
Come si calcola la plusvalenza
Il calcolo parte dalla differenza tra:
- prezzo di vendita dichiarato in atto;
- costo di acquisto o di costruzione, incrementato delle spese documentate (ristrutturazioni, parcelle notarili, imposte di registro e catastali pagate all’acquisto).
Per alcune operazioni, è possibile optare per una imposta sostitutiva del 26%, da pagare direttamente al notaio al momento del rogito. Questa opzione è utile per chi vuole evitare di far confluire il guadagno nella dichiarazione dei redditi.
Plusvalenza e donazione o successione
Un aspetto poco noto riguarda gli immobili ricevuti in donazione o eredità:
- In caso di successione, il venditore assume come valore iniziale quello dichiarato ai fini dell’imposta di successione. Vendendo dopo cinque anni dal decesso, la plusvalenza non è tassata.
- In caso di donazione, il conteggio parte dalla data e dal costo originario sostenuto dal donante. Se la donazione è recente (meno di cinque anni) e l’immobile non è stato adibito a prima casa, il rischio di tassazione della plusvalenza resta.
Conclusioni
La plusvalenza sulla vendita della seconda casa può sembrare complicata, ma le regole chiave sono chiare:
- vendita entro cinque anni → potenziale tassazione;
- vendita dopo cinque anni → nessuna plusvalenza tassabile;
- immobile usato come abitazione principale → esenzione anche prima dei cinque anni.
Conoscere questi meccanismi permette di pianificare meglio la vendita e, in alcuni casi, risparmiare cifre importanti.
Per operazioni particolari (donazioni, successioni o comproprietà), è sempre consigliabile un confronto con il notaio o il commercialista per verificare la situazione concreta.







